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Rougj (Made in Italy Fund) supporta il lancio di Rebeya, la startup del make-up di Belén Rodriguez
Il produttore italiano di dermocosmetici di alta gamma possiede il 67% del capitale della startup della showgirl. Freeda, a cui è affidata la strategia di marketing, ha invece l'1%
Rebeya, la startup fondata a fine ottobre 2023 per lanciare il nuovo brand di make-up della showgirl italo-argentina Belén Rodriguez, è al 67% di proprietà del produttore italiano di dermocosmetici di alta gamma Rougj, a sua volta controllato al 60% dal dicembre 2019 da Made in Italy Fund, fondo di private equity gestito da Quadrivio sgr e Pambianco.
Nel capitale di Rebeya (che dallo spagnolo argentino si traduce stra-bella) appare poi con il 30% Lena srl, società che a sua volta fa capo per il 70% a The Family Factory srl (per il 99% di Belén Rodriguez e per l’1% della sorella Cecilia) e per il restante 30% a Sodiab srl, società interamente di proprietà di Antonia Achille, manager e socia in affari di Belén. Completano il quadro societario, con un 1% ciascuno, Carlo Bianchini (amministratore delegato della startup), Cordusio Società Fiduciaria e AG Digital Media spa, la digital media company che ha sviluppato Freeda, la piattaforma di marketing attraverso cui i brand comunicano con i Millennial e la Generazione Z e a cui è stata affidata la strategia di marketing e comunicazione del suo nuovo progetto imprenditoriale Rebeya.
BonelliErede ha assistito sul piano legale Belén Rodriguez e Antonia Achille nella costituzione della società, mentre Rougj è stata supportata da Legance. PedersoliGattai ha assistito invece Freeda.
Il brand di make-up punta a diventare uno dei player affermati nel mercato beauty in Italia, allargando progressivamente la distribuzione dei prodotti dal canale di e-commerce, già attivo, a profumeria e farmacie, con l’obiettivo di raggiungere nell’arco dei prossimi anni anche i mercati internazionali.
Fondata a Trieste nel 1987, Rougj si occupa da oltre 30 anni di prodotti cosmetici, proponendo: trattamenti viso e corpo, capelli, trucco e prodotti solari e distribuendoli oggi a tutto il mercato delle farmacie italiane. L’ingresso nel capitale da parte di Made in Italy Fund era avvenuto parte con l’acquisto di quote e parte in aumento di capitale. A vendere le quote erano stati gli imprenditori Antonio Pirillo, Marco Giraldi, Alessandro Fier ed Ettore Favia, con i primi tre che erano rimasti nel capitale. Contestualmente era stato rimborsato RiverRock, che tramite il suo fondo RiverRock Italian Hybrid Capital Fund nel novembre 2017 aveva finanziato il management buy-in di Rougj. Nel novembre 2017, infatti, la bolognese Maeco Group srl aveva comprato una quota di maggioranza nel capitale di Alman Group srl e LAB srl, titolari del marchio Rougj. Marco Giraldi, tra gli ideatori del marchio Rougj, era rimasto socio di minoranza in un’ottica di continuità, insieme al nuovo team manageriale di Maeco, rafforzatosi con l’ingresso di Antonio Pirillo ed Ettore Favia.
Dal 2018, però, anno in cui i ricavi superavano i 15 milioni, la società ha registrato continui cali di fatturato, per arrivare al 2022 con 8,4 milioni di euro di ricavi netti, un ebitda negativo per 437 mila euro e un debito finanziario netto di 7,3 milioni, a fronte di un patrimonio netto di 5,3 milioni.
Quanto a Freeda, è stata fondata nel 2016 da Gianluigi Casole e Andrea Scotti Calderini. Da allora ha raccolto un totale oltre 27 milioni di euro dagli investitori. Con l’ultimo round, nel settembre 2019, aveva incassato 15 milioni di euro. L’operazione era stata guidata dal fondo di venture capital francese Alven, già investitore della scaleup, e vi avevano partecipato anche U-Start (piattaforma italiana che organizza club deal di family office e investitori privati su startup e scaleup, in coinvestimento con i principali fondi di venture internazionali) e altri partner strategici già presenti nel capitale della media company, oltre che nuovi investitori come Endeavor Catalyst, family office e investitori privati di rilievo internazionale e nazionale, come DVR Capital. Contestualmente, Unicredit aveva sottoscritto un minibond da 2,5 milioni. L’anno prima Freeda aveva raccolto un round da 10 milioni di dollari, al quale avevano partecipato Alven e Rancilio Cube. Il primo round, 4,3 milioni di dollari, risale invece al settembre 2016.