PRESS

Made in Italy Fund
26.10.2022

Capitali e luxury goods, come cambiano i valori

A raccontare le nuove esigenze e gli scenari di mercato del settore dell'alto di gamma sono stati Alessandro Binello di Quadrivio group, Roberta Benaglia di Style capital, GianErnesto Bernardi di JP Morgan, Roberto Costa di Citi group, Francesca Diviccaro di Intesa San paolo e Chiara Rotelli di Mediobanca.

Con la fine di un paradigma e l’inizio per certi versi di un nuovo mondo, più digitalizzato e semplificato dall’uso della tecnologia, quali sono oggi le esigenze finanziarie del settore del lusso? Un'industria che, nel corso del panel “Capitali & luxury goods come cambiano i valori" andato in scena alla XXI edi­zione del Milano fashion global summit 2022 di Class Editori, è stata definita “il petrolio dell’Italia”. Una definizione piuttosto emblematica che è stata coniata da Alessandro Binello, group ceo di Quadrivio group, che nel corso del suo intervento ha sottolineato come la finanza abbia oggi il compito di capire quali competenze può portare al Made in Italy per permetterne lo sviluppo. “Invito tutti a investire nel Made in Italy, perché è il nostro petrolio. Dobbiamo scommettere su questo settore perché a noi come gruppo ha dato tante soddisfazioni e ne darà molte altre in futuro”, ha affermato Binello. Internazionalizzazione, digitalizzazione e uso delle tecnologie più all’avanguardia sono i temi chiave sul tavolo. “Il lusso ha tutto il potenziale per dare marginalità, quindi è nostro compito dotare le aziende di tutte le competenze necessarie per essere competitive sul mercato globale. Non vediamo segnali di rallentamento”, ha concluso.

Concorda Roberta Benaglia, ceo di Style capital, che a sua volta ha dichiarato di non vedere incertezze sull’economia reale. “Le nostre aziende continuano a funzionare bene, anche perché abbiamo un portafoglio sovraesposto sul mondo americano e solo un brand su cinque realizza un 40% del fatturato nel mondo asiatico”, ha spiegato la manager. “Per il mondo luxury non vediamo un impatto imminente né un rischio di rallentamento nel 2023. Abbiamo aziende molto esposte sul mondo retail e questo ci dà un segnale immediato sul sentiment dei consumatori perché è relativo al traffico in negozio”.

Stando al quadro del mercato fashion&luxury delineato da Chiara Rotelli, executive director, senior equity analyst luxury goods di Mediobanca, per il 2022 è atteso un +20% a seguito di un rallentamento nel quarto trimestre. Il settore, specifica tuttavia l’esperta, continua ad apparire resiliente. “Per il 2023 stimiamo una crescita attorno al 10%, con crescita organica dell’8%, quindi dimezzata rispetto alle previsioni di quest’anno. Ci aspettiamo un rallentamento della domanda, ma un miglioramento dei margini”, ha precisato l’analista. Ciononostante il settore non è stato esente dalle difficoltà e oggi tratta a 22 volte gli utili del 2023 contro una media storica di 24 volte. Il momento è incerto. “I titoli del mercato azionario scontano un timore di recessione e rimane un grande interrogativo l’andamento del mercato cinese, che da solo costituisce un terzo della domanda mondiale di lusso anche se il consumatore cinese oggi è locale. L'andamento di questo mercato va oggi a singhiozzo”, ha continuato Chiard Rotelli. “Se guar­diamo alla valutazione del lusso rispet­to al mercato in generale, storicamente si presenta come un settore difensivo e dalla forte resilienza. Il pricing power dei luxury brand fa sì che possano au­mentare i loro prezzi del 10%, 12% o an­che di più senza avere conseguenze sui consumi. E il mercato azionario ricono­sce la resilienza del comparto dei beni di alta gamma e la sua capacità di copri­re l'aumento dei costi con l'aumento dei prezzi come un valore assoluto”.

Concorda Gian Ernesto Bernardi, managing director, head of M&A ltaly di JP Morgan, secondo cui a essere preoccupato dall'aumento dei costi dell'energia è il consumatore con un reddito medio basso, mentre il cliente del lusso non sa­rà scoraggiato. "Vediamo il mercato di fascia alta molto attivo in segmenti come il design, gli yacht o i vini di alta gamma. con molte operazioni focalizza­te nella filiera tricolore", ha osservato l'esperto. "Le società statunitensi sicu­ramente hanno voglia di rilevare fornito­ri e concorrenti che percepiscono a buon mercato perché conoscono il know how dell'Italia. Molte aziende no­strane invece vedono eccellenze che purtroppo per motivi di scala non ce la fanno ad andare avanti da sole e hanno bisogno di aiuto. In questi momenti di volatilità, noi vediamo un ottimo poten­ziale per le operazioni di M&A". Come ha osservato Roberto Costa, managing director e head of global luxury and fa­shion investment banking Emea consu­mer and retail Bcma di Citi group, i marchi italiani si trovano spesso a competere in un mondo che pretende da solo non solo la qualità del prodotto, ma anche una serie di servizi che implicano spese e investimenti. "In un momento di incer­tezza, le acquisizioni di grandi dimensioni vengono ancora più soppesate", ha spiegato. "Dopo le spac di Zegna e Lavin group, in generale quest'anno c’è stato un rallentamento di questo tipo di operazioni, ma credo che non esagera­re possa essere positivo. Al momento in­tanto stiamo lavorando su un'altra spac".

Le prospettive generali per quest'anno re­stano dunque solide, con il lusso che con­tinua a esercitare un certo appeal sulla finanza. Secondo Francesca Diviccaro, re­sponsabile industry retail & luxury, divi­sione lmi corporate & investment ban­king di Intesa Sanpaolo, accanto alle ope­razioni di finanziamento per sostenere ca­pex e investimenti nella sostenibilità, non mancheranno anche le scommesse in ambito tecnologico, dato che molti sistemi all'avanguardia sono legali a dop­pio filo con la sostenibilità, soprattutto per quanto riguarda la capacità produtti­va, ma anche a livello logistico e di acqui­sizione di competenze specifiche. “Nelle ultime settimane Golden goose ha comprato il suo principale fornitore e il gruppo Lvmh sta investendo su nuove conce­rie in Italia”. ha osservato I' esperta. “Pri­ma gli investimenti nella filiera erano ap­pannaggio dei gruppi francesi, ora inve­ce anche italiani come Prada o Zegna hanno iniziato a effettuare acquisizioni in questo senso. Si tratta di operazioni di taglia medio-piccola, non ci saranno stra­volgimenti, ma le aziende sono in cerca di contenuti innovativi e qualcuno per esempio decide di investire in start-up le­gate alla produzione di fibre naturali o eco compatibili. Inoltre, tutti i grandi gruppi hanno continuato a investire nel retail”. Secondo l'esperta, poi, per le im­prese del lusso la pressione inflazionistica è probabile un fattore mitigabile dal momento che i consumatori hanno un elevato reddito e quindi anche in un contesto di revisione dello spending conti­nuano a investire. Quest'anno a livello geografico a fare da traino è stata l'Euro­pa, che ha assistito a una ripresa del consu­mo locale oltre al ritorno dei turisti. L'America ha performato molto bene nel primo semestre, mentre nel terzo trime­stre c'è stata una crescita marginale per­ché la spesa si è trasferita in Europa, complice anche un dollaro forte. "La Cina può costituire una minaccia nel breve termine, dato che anche per l'anno prossimo le sti­me sono più attorno al single-digit, però il Paese continua a rappresentare un’oppor­tunità", ha sottolineato Diviccaro. Intanto gli Emirati Arabi e anche la Turchia stan­no attraendo tutto lo spending russo, ma anche Giappone, Corea del Sud e mercati latinoamericani lasciano intravedere nuo­ve opportunità per il lusso in un futuro non troppo lontano.