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Quadrivio Group
07.03.2023

Quadrivio spegne 20 candeline

Un bilancio di oltre 20 anni di attività, un’analisi dei tratti caratteristici dell’azienda e anche un discorso sulle prospettive del private equity. PRIVATE ha incontrato Walter Ricciotti, co-fondatore e ceo di Quadrivio Group, nonché tra i principali esperti del settore nel nostro paese.

Partendo dal principio, quando è nato Quadrivio group?

Quadrivio Group nasce oltre 20 anni fa su iniziativa mia e di Alessandro Binello, entrambi ancora oggi alla guida del gruppo, con l’obiettivo di creare una realtà leader nel panorama degli investimenti di private equity. Proseguiamo in questa direzione, con una visione e una presenza sempre più internazionale. Abbiamo un track record di oltre 100 investimenti effettuati e attualmente gestiamo tre fondi specializzati con focus sui principali macro trend: Made in Italy Fund, che investe nelle eccellenze del made in Italy (fashion, design, beauty, infine food&wine); Industry 4.0 Fund, che investe nell’innovazione tecnologica e nella transizione digitale delle Pmi; e Silver Economy Fund, che investe in aziende che offrono beni e servizi destinati alla Silver Age. A breve lanceremo un nuovo fondo, Made in Italy Fund 2, che continuerà sul percorso di successo del fondo 1.

Qual è il suo ruolo nel private equity e cosa la contraddistingue rispetto ai suoi competitor?

Come ceo del gruppo, lavoro assieme ai miei soci e a tutto il nostro team per ricercare le migliori opportunità di investimento che rientrino nelle strategie che abbiamo identificato come prioritarie. Come gruppo prediligiamo realtà leader nel loro settore di riferimento, con grandi potenzialità di sviluppo e soprattutto con una prospettiva di crescita internazionale. Infatti lavoriamo alacremente per consolidare, managerializzare e internazionalizzare le piccole medie imprese, con l’obiettivo di trasformarle in piccole multinazionali. Per far ciò, negli anni abbiamo consolidato la nostra presenza internazionale. A oggi abbiamo 5 uffici: Milano, Londra, Lussemburgo, New York e Hong Kong, presto apriremo un ufficio anche a Parigi. Questo è uno dei nostri aspetti distintivi rispetto ad altri player della nostra dimensione.

Inoltre, rispetto alla maggior parte degli altri operatori, ci contraddistingue senza dubbio l’alto livello di specializzazione: investiamo infatti attraverso fondi tematici, che si avvalgono di figure professionali dedicate e con un’esperienza pluriennale nei settori di riferimento. Questo ci consente di avere una forte conoscenza dei settori in cui andiamo a investire, oltre che un ampio network a livello di aziende, imprenditori e manager.

Infine, trasversalmente ai nostri settori di focus, abbiamo sviluppato importanti competenze nell’innovazione tecnologica, a nostro avviso driver irrinunciabile per la competitività di tutte le aziende in portafoglio, abbiamo spinto le aziende partecipate ad adottare serie politiche ESG e a ricercare una crescita non solo organica, ma anche attraverso acquisizioni e add-on (in particolare a livello internazionale, anche qui con il supporto dei nostri uffici esteri).

Entrando nel dettaglio qual è il target e i settori di riferimento in cui opera, anche in termini di ticket?

Il nostro target è rappresentato da piccole medie imprese attive nelle aree di riferimento dei nostri tre attuali fondi. Ci rivolgiamo in particolare ad aziende con un fatturato tra i 20 e i 100 milioni di euro, che rappresentano una quota considerevole del mercato italiano. Per quanto riguarda il fondo Made in Italy, investiamo su PMI che operano nelle aree tipiche del lifestyle di eccellenza dell’Italia (fashion, design, beauty, food&wine). A oggi Made in Italy Fund ha investito in 10 società: 120% Lino, azienda leader nella produzione di capi in lino; Mohd, realtà italiana che vende e distribuisce a livello internazionale arredamenti di interni di alta gamma; Prosit, polo di cantine italiane di fascia premium; Rougj, brand che da oltre 30 anni formula, produce e distribuisce prodotti cosmetici nel canale farmacia; Rosantica, specializzata nella produzione di borse gioiello e accessori preziosi; Gcds, marchio della moda dallo stile disruptive; Dondup, brand di moda noto per i suoi capi di casual luxury; Xtrawine, digital company specializzata nella vendita e nella distribuzione di vino online; e infine Autry e Ghoud, due aziende italiane che producono e vendono in tutto il mondo fashion sneakers. Industry 4.0 Fund invece investe nell’innovazione tecnologica e nella transizione digitale delle PMI italiane del settore manifatturiero e dei servizi. Un fondo tematico che si rivolge a realtà leader nel proprio mercato di riferimento, vocate all’internazionalizzazione e con una forte propensione alla digitalizzazione della filiera produttiva.

Recentemente, quali sono le operazioni più importanti che avete e quelle di maggior rilevanza?

Tutte le operazioni realizzate sono per noi importanti e rientrano in un piano di sviluppo integrato e fortemente orientato alla diversificazione. Mi sento comunque di menzionare Autry, partecipata di Made in Italy Fund attiva nel segmento delle sneakers, che chiuderà l’anno fiscale in corso vicina ai 100 milioni di euro di fatturato, rispetto ai circa 30 dell’anno precedente. Risultato molto importante, frutto di impegno e di un approccio sempre più focalizzato sull’omnicanalità e sullo sviluppo internazionale, con una forte attenzione alla selettività dei canali distributivi.

Lato Industry 4.0 Fund non possiamo non menzionare Rototech, realtà specializzata nella produzione di serbatoi a urea, da installare su veicoli alimentati a gasolio con l’obiettivo di abbatterne le emissioni nocive. Recentemente l’azienda ha investito a sua volta in Carbon Cylinder, realtà che sta sviluppando un impianto per la produzione di bombole ad alta pressione per lo stoccaggio dell’idrogeno. Un investimento importante, realizzato in vista della transizione ecologica in atto, che prevede il passaggio dall’utilizzo di veicoli industriali diesel a quelli a idrogeno.

Cosa significa operare nel private equity e come sta cambiando questo settore?

Investire in private equity significa innanzitutto investire in economia reale e investire assieme ai migliori imprenditori del nostro paese. Il mercato italiano negli ultimi anni ha registrato una crescita significativa dei fondi di Private Equity, che stanno giocando un ruolo determinante per quel che riguarda lo sviluppo delle piccole e medie imprese. Un settore in crescita, ma sempre più competitivo e soggetto comunque ad una continua evoluzione, fatta di progressivi miglioramenti. Tra questi non possiamo non citare, come già anticipato, la maggiore attenzione alla specializzazione, la centralità delle tematiche ESG e il crescente focus sugli aspetti tecnologici. Se fino a qualche anno fa la stragrande maggioranza degli operatori aveva un approccio agli investimenti di tipo generalista, ora sono sempre più i fondi che seguono una strategia di investimento settoriale.

Noi come Quadrivio Group ci siamo focalizzati su temi di investimento ben precisi: il made in Italy, l’industry 4.0 e la silver economy, che sono peraltro i nomi dei tre attuali fondi in gestione.

Guardando ai prossimi mesi, quali sono i settori da tenere sott’occhio e i cambiamenti che intravede?

Il mercato del private equity italiano ha dato in questi anni complessi prova di grande resilienza, dimostrando come le aziende ben strutturate possano reagire al meglio anche nelle situazioni più critiche. Continueremo pertanto a investire in organizzazione, managerializzazione, digitalizzazione, aspetti ESG e internazionalizzazione, solo così sarà possibile continuare a far crescere organicamente le aziende in portafoglio.

Lo scenario geopolitico attuale rende ovviamente più difficile una previsione di breve e di medio periodo per il nuovo anno appena cominciato; ciononostante ritengo che il 2023 possa essere un anno positivo per gli investimenti. Mi aspetto pertanto che i macrotrend di riferimento rimarranno gli stessi e che vi sarà maggiore selezione tra le aziende che saranno in grado di continuare il percorso di crescita e quelle che invece avranno maggiori difficoltà. Riteniamo che andrà ulteriormente a intensificarsi il fenomeno del reshoring: moltissime aziende stanno modificando le loro catene di approvvigionamento per rifornirsi da paesi più vicini, talvolta anche direttamente nel proprio stato di appartenenza.

In termini di settori, se devo indicarne uno in cui ritengo che vi sia molto spazio di investimento per gli operatori specializzati di private equity è quello dell’health care. Come Quadrivio Group crediamo infatti che nel settore privato della sanità vi siano molte opportunità di consolidamento e di creazione di operatori importanti a livello internazionale.