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Private equity, nella qualità il segreto dello sviluppo
Il settore ha registrato un forte aumento negli ultimi 5 anni, passando da un valore di indice pari a 250 nel primo trimestre del 2017 a uno pari a 975 nell’ultimo trimestre 2021, con un record assoluto di deal
Il mercato del Private Equity negli ultimi anni è stato protagonista di un trend di crescita decisamente positivo. In particolare in Italia, dove le operazioni sono aumentate in modo significativo: non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche dimensionale. Come confermano i dati pubblicati da Deloitte in riferimento al secondo semestre 2021, periodo in cui il mercato ha registrato ben 241 operazioni, concentrate su aziende con un fatturato tra i 50 e i 100 milioni di euro, per un valore complessivo di oltre 12 miliardi di euro. Numeri importanti, se si considera che nel secondo semestre 2021 sono state registrate 241 operazioni, contro le 191 dei primi sei mesi dell’anno e le 172 del secondo semestre 2020.
Trend avvalorato anche dall’indice Pem sviluppato dal Private Equity Monitor della Liuc Business School, secondo cui il settore ha registrato un forte aumento negli ultimi 5 anni, passando da un valore di indice pari a 250 nel primo trimestre del 2017 a uno pari a 975 nell’ultimo trimestre 2021, evidenziando così un record assoluto di deal nel Paese.
Numeri importanti, che vanno tuttavia inseriti all’interno dell’attuale contesto economico e geopolitico. Dopo un 2021 segnato da un forte rimbalzo economico, favorito anche dalle politiche di sostegno dei governi e delle banche centrali, lo scenario per l’anno in corso è più incerto, non solo a causa del protrarsi degli effetti legati alla pandemia e alla guerra, ma anche per l’incremento dell’inflazione, del costo delle materie prime e delle forniture energetiche. È più difficile oggi anche per gli addetti ai lavori fare una previsione di medio periodo; infatti se da un lato a livello macroeconomico e geopolitico vi sono vari motivi di preoccupazione, dall’altro vi è ancora una enorme liquidità presente sui mercati, che ha portato negli ultimi anni le valutazioni a livelli record. I mercati azionari hanno chiuso il 2021 ai loro massimi, così come i mercati privati. La sfida per gli operatori di private capital nel 2022 sarà dunque sapersi muovere in questo scenario incerto e saper ricercare il giusto bilanciamento tra valutazioni ancora elevate e rischio di correzione dei mercati. Nonostante ciò, resta elevato il numero di deal realizzati, supportato anche da una significativa pipeline di operazioni in fase di finalizzazione.
Quadrivio Group opera da oltre 20 anni nel mercato degli investimenti alternativi. Da osservatori privilegiati del settore riteniamo che le aziende italiane abbiano dato prova di grande resilienza nell’ultimo biennio, affrontando le sfide che si sono presentate meglio di tanti concorrenti stranieri. Ci aspettiamo tuttavia che nei prossimi mesi ci sarà una sempre maggiore selezione tra le aziende presenti sul mercato, solo alcune saranno in grado di continuare nel percorso di crescita, altre invece arresteranno inevitabilmente il loro sviluppo.
Deloitte Private ha individuato i principali settori in cui gli operatori prevedono di focalizzarsi maggiormente nei prossimi mesi. Nella fattispecie quelli dell’Industrial Products, dei Consumer Goods, del Food&Beverage e dell’Healthcare. Settori in cui come Quadrivio Group investiamo già, attraverso i nostri fondi tematici di Private Equity: Made in Italy Fund, che investe nelle eccellenze del Made in Italy attive nel settore del Fashion, del Design, del Beauty e del Food&Wine; Industry 4.0 Fund, che investe nell’innovazione tecnologica e nella transizione digitale delle PMI; e Silver Economy Fund, che investe nel comparto della Healthy Longevity. La nostra strategia di investimento è da sempre basata sulla specializzazione.
Riteniamo che i fondi specializzati consentano infatti di ottenere, rispetto a quelli generalisti, un importante vantaggio competitivo, essendo dotati di team dedicati con pluriennale esperienza nei settori di riferimento.
Un altro aspetto da evidenziare per comprendere al meglio l’attuale fase del Private Equity riguarda le principali tematiche che andranno ad influenzare il settore in questo periodo di profonda incertezza. In particolare l’esigenza di una transizione digitale sempre più impellente, l’approccio ESG, l’attività di consolidamento, la managerializzazione e l’internazionalizzazione delle aziende.
Il periodo pandemico ha portato molte aziende a comprendere la valenza strategica della tecnologia e del digitale, accelerando talvolta processi già in atto o addirittura imponendo drastici cambiamenti. Come Quadrivio Group riteniamo che ormai le aziende non possano più sottrarsi a questa rivoluzione, che è innanzitutto culturale, ma che vadano anzi sollecitate e supportate in questo percorso investendo prima nell’organizzazione e poi nelle nuove tecnologie.
La pressione normativa e la crescente sensibilità degli investitori, sia istituzionali che privati, hanno contribuito ad una forte crescita dell’attenzione alle tematiche ESG. Come operatori tendiamo a prediligere investimenti in aziende fortemente improntate sulla sostenibilità e a intervenire su quelle già in portafoglio, con la convinzione che il miglioramento di un’azienda dal punto di vista dei criteri ESG porti anche come conseguenza una crescita del valore dell’azienda stessa.
Tecnologia e agenda ESG non sono tuttavia sufficienti. Oggi è più che mai necessario investire anche nella crescita dimensionale delle PMI, ripensando i modelli di business e riadattandoli a contesti ambientali globali e sempre più competitivi. Solo crescendo, anche attraverso acquisizioni ed aggregazioni, in Italia e all’estero, sarà possibile vincere le nuove sfide.
Anche a livello manageriale occorre apportare dei cambiamenti all’interno delle organizzazioni aziendali, che devono strutturarsi e dotarsi di competenze specifiche e di leader adeguati. Soprattutto in quelle aziende a gestione familiare e che vivono in questi anni la delicata sfida del ricambio generazionale.
In ultimo, ma non meno importante, l’internazionalizzazione. Essere presenti anche all’estero, intendendo ormai l’Europa come un mercato domestico, non è più un’opzione, ma una necessità imprescindibile. Le aziende devono sapersi adeguare e dotare di tutto ciò che è necessario per conquistare nuovi mercati: essere diversificati su più mercati e soprattutto su altri continenti permetterà loro di crescere in maniera più sana ed essere più al riparo dai downturn di mercato.
In sintesi possiamo dire, e i numeri ci supportano fortemente, che il mercato del Private Equity italiano abbia dato in questi anni complessi prova di grande resilienza, dimostrando come le aziende partecipate possano reagire al meglio anche nelle situazioni più critiche. Continuando a lavorare sui driver sopra descritti, investendo in organizzazione, managerializzazione, digitalizzazione, aspetti ESG e internazionalizzazione, sarà possibile continuare a far crescere le aziende in portafoglio. L’obiettivo è trasformare le PMI italiane, fulcro dell’economia nazionale, in piccole multinazionali e al tempo stesso offrire ai nostri investitori, sia istituzionali che privati, elevati rendimenti.