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Quadrivio Group
11.04.2025

Per Alessandro Binello, i brand di moda «sono come il mantello di Superman: danno potere e personalità a chi li indossa»

Alessandro Binello di Quadrivio Group spiega perché è importante investire nei marchi made in Italy. Purché fatto con un approccio umanista

Intervista ad Alessandro Binello, Group Ceo di Quadrivio Group: «puntiamo ai leader di precise nicchie»

A un mestiere di numeri ha saputo dare un approccio umanista, affidando alla sua filosofia gli strumenti della matematica, unendo valore e valori, etica e finanza. La sua è una prova d’equilibrio tra la ragione e l’istinto: «cerchiamo brand con una storia da raccontare e un’identità da proteggere. Li sosteniamo, li accompagniamo, li aiutiamo a crescere e a essere internazionali».

Così l’imprenditore Alessandro Binello, Group Ceo di Quadrivio Group, riassume lo spirito e il motore dei circa 2,5 miliardi di euro investiti negli anni con i suoi fondi tra la moda, il beauty, il design e ampi dintorni. Una cifra a cui andrà a sommarsi un altro mezzo miliardo nel corso del 2025. Il portfolio è vasto e vario, il mestiere è quello d’intercettare e coltivare il talento d’impresa: «dal boho-chic del marchio Sessùn alla cura dei tessuti di 120% Lino, da PT Torino per i pantaloni a Mohd per mobili e accessori, per citare alcuni esempi. Puntiamo ai leader in una precisa nicchia, a realtà fondate su principi meritevoli di essere difesi, rafforzati e amplificati».

Il nome, Quadrivio Group, è una dichiarazione d’intenti: italiano e globale, evoca strade che convergono e s’incrociano, ma richiama anche le arti matematiche, l’aritmetica e l’astronomia, la geometria e la musica. Come dire che senza una dose di calcolo non si prende il ritmo per arrivare alle stelle. «mentre la conoscenza», aggiunge Binello, «è alla base del successo». L'intervista di Vogue Italia.

Possiamo quindi cominciare con il dire che i soldi sono la benzina dei sogni? 
L’accostamento potrebbe non piacere o difettare di romanticismo, invece è cruciale e, almeno nel nostro Paese, viene spesso sottovalutato. Gli investimenti aiutano a crescere, non a speculare. La nostra ottica è quella d’irrobustire il made in Italy.

Al made in Italy, appunto, avete dedicato due fondi, uno focalizzato sul meglio tricolore, l’altro sul lifestyle. Ma cos’è oggi il made in Italy, oltre una comoda e abusata etichetta? 
A mio parere, tre cose: creatività, un buon gusto da conservare e tramandare; capacità di essere differente, di proporre prodotti che solo noi sappiamo realizzare così bene; competitività, dunque avere una visione d’insieme. La lungimiranza di percepire il mondo come un mercato.

Ma tra il dire e il fare… 
C’è di mezzo il marchio. Se guardo al nostro portfolio, penso subito allo straordinario cashmere di Filippo De Laurentiis, oppure ai look di Dondup, che vantano una nutrita schiera di fan. Mi capita d’incontrarne alcuni, mi dicono che comprano 20 paia di jeans perché ognuno li fa stare bene.

C’è quindi una morale dietro il coinvolgimento emotivo? 
I brand, oggi, sono una zona di comfort. Come il mantello di Superman, danno un potere a chi li indossa. Da oggetti che servivano per la persona, diventano oggetti con una personalità. Ecco il loro valore. 

Quadrivio Group lo cerca anche nell’affordable luxury. Non è un ossimoro? 
Non lo è perché la qualità non deve essere costosa. Soprattutto è qualcosa che si trasmette e si percepisce. All’inizio citavo Sessùn, che può essere indossato da una ventenne come da una quarantenne. È chic in modo unico, con i suoi codici e il suo linguaggio, pur rimanendo accessibile. 

Siamo nel pieno della Milano Design Week. Parlando di design, con Mohd avete dimostrato come gli arredi siano acquistabili direttamente online, con piena soddisfazione. 
Il metodo funziona perché abbraccia la tecnologia, altro tassello essenziale per lo sviluppo. La solita retorica descrive un’Italia in ritardo nell’innovazione, io la vedo diversamente, non dobbiamo necessariamente inventare il futuro. Può maturare altrove, per esempio in California. Ha senso però essere tra i primi, tra i più veloci, ad adottare le soluzioni evolute. La competitività internazionale si raggiunge anche con la tempestività. 

Il troppo digitale non rischia di marginalizzare il reale? Con il progetto Shopology, Vogue ha ribadito il ruolo delle boutique. È storia e contemporaneità. Una premessa e una promessa di persistenza. 
Non lo metterei mai in discussione, il retail è fondamentale. Un approccio corretto, strategico, non trascura o eclissa nessun canale di distribuzione. È uno di quegli stivali più alti per muoversi meglio dentro il presente.

Qual è la direzione del negozio fisico? 
Aiuta a maturare uno storytelling credibile, senza interferenze: il retail dà la possibilità di raccontare un brand, di tracciare i contorni precisi del suo universo. E poi realizza una contaminazione di classico e avanguardie: si possono indossare gli abiti e gli accessori, vederseli addosso e toccarli, sentirne la consistenza. 

Questo è un vecchio, incontestabile refrain. Dove sta il nuovo? 
Nei vari nomi del lusso che stanno offrendo ai loro clienti esperienze inedite da fare nei loro spazi. Li spingono a fidelizzare, a prescindere dal desiderio immediato di comprare. 

Quadrivio Group è una collezione di marchi, mentre il suo quotidiano è un continuo decifrare il mondo della moda e del design. Lei si sente anche un po’ uno stilista, un po' direttore creativo? 
Penso che il mio ruolo sia più un altro: mettere le aziende nelle migliori condizioni di crescere e trovare le persone giuste in grado di aiutarle. Sono una parte di un lavoro corale. Mi interessa l’insieme, la capacità condivisa di costruire una cultura dell’eccellenza.