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Made in Italy Fund II
19.05.2023

Quadrivio, nuovo fondo per il Made in Italy

“La posta è raddoppiata e stiamo valutando cinque investimenti”, annuncia a MFF il ceo Binello. È di 500 milioni il target di raccolta di questa realtà, che si propone di replicare i successi di Gcds e Dondup. “Inaugureremo una sede a Parigi per poterci dedicare anche ai brand internazionali ma legati all’Italia”

Ancora una scommessa sull’eccellenza tricolore. Ma questa volta la posta è più alta. Dopo i successi messi a segno dal fondo Made in Italy con brand come Dondup o Gcds, Quadrivio group è pronto a dare il via a un altro round di investimenti attraverso il nuovo fondo Made in Italy 2. “Il primo aveva una liquidità di 300 milioni di euro, questo ha un target di raccolta di 500 milioni”, ha spiegato a MFF Alessandro Binello, ceo e co-fondatore della società di private equity. Che con questo investimento fa il bis nel settore dell’alto di gamma tricolore, focalizzandosi dalla moda al design, dal beauty al food&wine. Con una novità. “Saremo sempre legati al territorio, ma un 30% dell’esposizione del fondo sarà su aziende che producono in Italia o hanno forti legami con il Paese, pur essendo straniere”, ha infatti precisato il manager. E nel mirino, ha anticipato a MFF, ci sarebbero già cinque potenziali operazioni. Nessun limite legato al fatturato o alle dimensioni. Il criterio principale che guiderà il processo di valutazione saranno i tassi di crescita. “Aziende promettenti con grossi incrementi e gestite da un management ambizioso sono ovviamente le nostre preferite. Devono avere una particolarità grazie alla quale si stanno sviluppando”, ha confermato Alessandro Binello.

Avete annunciato il lancio del fondo Made in Italy 2 poco più di un anno fa proprio a MFF. Come sta procedendo la raccolta?

Sta andando molto bene, perché è basata sul fatto che il primo fondo sta dando ottimi risultati. Sostanzialmente ci hanno confermato la loro fiducia tutti i nostri investitori attuali, che ci appoggeranno anche nel nuovo fondo. Al momento chi aveva messo 1 sul primo oggi mette 2 sul secondo. Il primo infatti aveva una liquidità di 300 milioni di euro, che abbiamo investito in due anni e mezzo, mentre questo ha un target di raccolta di 500 milioni e pensiamo di investirlo altrettanto velocemente. In più abbiamo anche rafforzato il team con quattro nuovi ingressi che annunceremo a breve.

Dunque ci sono dei cambiamenti anche all’interno del gruppo.

Abbiamo un nuovo partner francese, molto importante e con più di 30 anni di esperienza in questo settore, che sveleremo nelle prime settimane di giugno. E poi apriremo un ufficio a Parigi che servirà tutto il gruppo Quadrivio, ma avrà un focus particolare sul mondo del lusso. Indubbiamente il motivo per cui ci siamo rafforzati sulla piazza di Parigi, ma anche di Londra o New York, è proprio quello di fare da aggregatore nel settore luxury, in Italia e non solo.

A dispetto del nome, questo nuovo fondo sarà quindi dedicato anche alle aziende internazionali?

Molte realtà estere producono in Italia. Noi saremo sempre legati al territorio, però un 30% dell’esposizione del fondo sarà su aziende anche straniere che producono in Italia o hanno forti legami con il Paese. Però il 70% sarà focalizzato sull’Italia, quindi la strategia di fatto non cambia. Anche il primo fondo nella sostanza aveva questa apertura, poi in realtà abbiamo privilegiato completamente l’Italia per motivi strategici.

Avete già dei potenziali target?

I temi sono sostanzialmente gli stessi del precedente fondo, quindi il fashion, il design, il food&wine e la cosmetica, con focus sulle pmi. Abbiamo già individuato cinque operazioni che stiamo portando avanti. Non posso anticipare nulla, ma il vantaggio è che con queste realtà stiamo trattando in esclusiva.

Vi siete posti dei criteri specifici? Un fatturato minimo?

Per noi non è importante il fatturato, contano i tassi di crescita. Quelle aziende che hanno una particolarità per cui stanno registrando grossi incrementi e sono gestite da un management ambizioso sono ovviamente le nostre preferite. Cerchiamo realtà che crescano indipendentemente dai fattori macro generali perché si trovano in un momento di crescita importante e a un certo punto hanno bisogno di una società come la nostra per fare il salto di qualità.

Quale sarebbe per queste aziende il principale vantaggio nel concludere questa operazione?

Sicuramente la nostra conoscenza della rete distributiva a livello internazionale. È importante essere distribuiti bene, nonostante si tenda spesso a sottovalutare un po’ il concetto. Portiamo una competenza molto forte che si è anche consolidata in questi anni con il primo fondo, che ha visto casi di successo importanti come Autry, Dondup, Mohd o Gcds che sono cresciuti tanto, l’ul-timo brand soprattutto dal punto di vista della notorietà. Siamo dotati di una consistente esperienza anche nel digitale, un canale oggi poco apprezzato dalle Borse ma che noi vediamo ancora in forte crescita. Per questo motivo abbiamo molti investimenti all'interno delle partecipate nel canale digitale, siamo molto focalizzati su questo perché secondo noi sarà un canale di distribuzione importante. Portiamo esperienza anche nel rafforzamento del management e nella scelta delle persone, perché effettivamente siamo riusciti ad attirare talenti con esperienze in società molto più grandi. E poi anche la nostra internazionalizzazione è importante. Abbiamo uffici in tutto il mondo, per esempio uno a Miami con persone che si occupano fondamentalmente solo di moda. L’America è quindi un’area che copriamo molto bene. Conosciamo molto bene anche l’Asia, anche se operiamo con una serie di partner. Quindi le premesse per fare bene anche questa volta ci sono.

Per quanto riguarda il Made in Italy fund 1, l’ultimo investimento è PT Torino. Avete lanciato un’opa sulla controllante Cover50…

L’operazione mi sembra stia andando molto bene. Abbiamo le idee chiare su quello che vogliamo fare, ora è presto ma credo ci siano tutte le condizioni per fare bene. Avevamo preparato da tempo quest’operazione dal punto di vista della logica industriale, quindi siamo molto contenti fino a oggi. Chiaramente dovremo poi basarci sui risultati. L’obiettivo è far diventare il marchio PT Torino molto più grande preservando le caratteristiche grazie a cui ha avuto successo, dandogli le possibilità e gli strumenti da mettere in campo per svilupparsi ulteriormente. Questo è fondamentalmente il nostro lavoro in generale. È semplice nel concetto, non è sempre facile l’applicazione.

Tra le altre partecipate figurano fashion brand come Dondup e Gcds. Come sono evoluti dal vostro ingresso?

Dondup è cresciuta molto sebbene non ci fossero temi di posizionamento da raggiungere, bensì di sviluppo del prodotto e della distribuzione. L’obiettivo principale era l’incremento all’estero e ci stiamo riuscendo. Con Gcds abbiamo lavorato molto sulla conoscenza del marchio e oggi se si guardano le piattaforme online è quello che è cresciuto di più anche rispetto ai grandi brand del lusso. Volevamo comunicare un'evoluzione dello stilista da un’ottica di street-wear a una collezione più completa. Abbiamo ampliato la gamma e sviluppato la donna, che è cresciuta molto.

Quali altri marchi vi hanno regalato maggiori soddisfazioni?

Mi preme sottolineare la storia di Autry, un’azienda di calzature che quest’anno sfiorerà i 40 milioni di ebitda. Un risultato notevole dato che nel 2022 l’ebitda era di 27 milioni con 84 milioni di ricavi. Ora il fatturato dovrebbe salire a circa 120 milioni. Bisogna replicare questi casi di successo.

Sta già pensando a un fondo 3?

Per ora ci concentreremo sul 2 e sul vendere bene l’1, quindi abbiamo già parecchie cose da fare. Intraprendiamo questi percorsi per strutturare le aziende e farle arrivare più in alto, cercando di controllare il rischio facendo il più possibile operazioni di mag-gioranza. Questo non perché vogliamo pre-valere sulle realtà che rileviamo, ma per essere in grado di attirare i talenti migliori garantendo loro un ruolo importante nell’azienda. Secondo me comunque c’è molto spazio per investire ancora di più in questo settore in futuro, sia in Italia che all’estero. Per noi è uno dei più interessanti, ma è anche vero che è necessario avere un team specializzato perché ha delle logiche molto diverse. Compri degli asset intangibili, la capacità personale delle persone a livello creativo, la sensibilità di capire il brand e il mercato. È un settore molto specialistico e capisco che questo un po’ spaventi.